A vvolta in completi sempre ben tenuti. Impeccabili. La schiena dritta e le mani elegantemente adagiate sulle gambe. I capelli in ordine e il volto marcatamente segnato dall’ età. Amava stare su una seduta non convenzionale: il secondo gradino dell’ingresso di casa sua, di fatto a ridosso della strada sulla quale sfrecciavano continuamente le automobili, inclusa la mia. La notai per la prima volta in un giorno di primavera, era metà aprile, e la sua figura così minuta e composta attirò subito la mia attenzione. Credo potesse avere una ottantina di anni e vederla seduta su quel gradino fuori casa con lo sguardo rivolto al passare di automobilisti e pedoni mi aveva fatto pensare che potesse trattarsi di una donna animata da curiosità. Andando avanti con le mie congetture su quella signora assai distinta, pensai che potesse essere una che di certo amava stare all’aria aperta, ma che probabilmente per via di difficoltà motorie non poteva concedersi la possibilità di fare passeggiate. R
Stamattina Google mi ha ricordato che è la festa dei nonni e io l’ho ricordato a te, telefonandoti. Siamo lontane, ma il pretesto per sentirci sappiamo bene come trovarlo per ritrovarci. Sempre. Tu sei l’unica nonna che io abbia e io sono la tua nipote più grande. Tu mi hai insegnato molto e continui a darmi lezioni di vita con la tua forza d’animo che si traduce in forza fisica, nonostante le tue novanta primavere, la tua schiena che fa i capricci e quel bastone al quale ti appoggi da quando tuo marito non c’è più. Mi hai insegnato a ricamare, a fare il punto croce, il punto a giorno, a fare la maglia di lana e la pasta all’uovo, a piegare bene i panni appena ritirati per poterli stirare col minimo sforzo, a dire un proverbio per ogni situazione e a lasciarsi andare ad una risata anche quando le uniche cose a scappare sarebbero le lacrime. Mi dici spesso “Beato chi ti si prende!” e mi ricordi che il corredo che hai preparato per me è nella cassapanca in camera tua. Io ti ascolto,
(photo credits: https://www.agbe.eu/progetto/casa-alloggio/ ) Mi chiamo Cristian e ho nove anni e mezzo. Parlo poco, ma penso tanto. Me lo dice sempre la mamma quando parliamo al telefono. La casa rossa dove vivo da sei mesi con papà ha muri alti e tante stanze. Da tutte le finestre che ci sono si può vedere il verde giardino che fa il giro della casa. Ci sono fiori, scivoli, altalene, alberi e due gattini che però vengono da noi solo quando hanno fame: si chiamano Mimmo e Biagio, uno è bianco e l’altro è nero, uno ha la coda e Biagio non ce l’ha più. Chissà che fine avrà fatto! Insieme a me e a papà vivono anche altri bambini insieme ai loro genitori. C’è Federico che mi ha detto che da grande vuole fare il pompiere, Marta che parla sempre con Elena la sua amica invisibile, Enrico che non sa dire la n, Mario che mi ruba sempre la matita a scuola e Serena che va sulla bicicletta dei grandi, quella con solo due ruote. La scuola dove papà mi porta tutti
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