Diari di Guerra


Venerdì 30 Maggio 1944, Mezzogiorno
C’era un sole alto, l’aria era calda e quello era il mio secondo giorno al Ristorante Italia. Dovevo ancora realizzare il fatto di essere riuscita a trovare lavoro come cameriera proprio lì, in quel locale così prestigioso al centro della città, in piena Piazza Venti Settembre. Nicola il titolare, riuscendo a malapena a nascondere il suo orgoglio macchiato di ansia da prestazione, mi aveva  detto che quel giorno a pranzo avremmo avuto degli ospiti speciali: il generale tedesco Albert Kesselring con alcuni dei suoi più stretti collaboratori. Proprio per via della loro presenza, il locale sarebbe rimasto chiuso al pubblico così da poter assicurare al generale e ai suoi il Rispetto e la Riservatezza che si confacevano ad uno degli amici più fedeli di Hadolf Hitler. Così mi aveva detto il Signor Nicola e io, che i motivi di quella guerra proprio non li avevo capiti, non riuscivo a comprendere neanche il Perché di tutta quella devozione nei confronti di chi la guerra la macchinava e la portava avanti come Kesselring  e i suoi. Mentre facevo queste riflessioni tra me e me, lucidavo l’argenteria, spolveravo per bene qualsiasi piano d’appoggio mi capitasse a tiro e avvicinavo le sedie foderate di pregiata stoffa bianca ai tavoli rotondi intorno ai quali avrebbero preso posto il generale e gli altri. Mi accorsi che gli ospiti erano arrivati perché il Signor Nicola si schiarì la voce con un colpo di tosse prima di aprire la pesante porta d’ingresso che ridava sotto la pregiata pensilina decorata. Disse loro “Willkommen!” - benvenuti in tedesco - e li accompagnò al tavolo rotondo. Iniziai a servire loro il ricco pranzo partendo dagli antipasti caldi come si faceva con gli ospiti d’onore.



Venerdì 30 Maggio 1944, Mezzogiorno
C’era un sole alto, l’aria era calda e quello era giorno di mercato. Mi ero accorta di non avere il rosmarino da mettere nella zuppa di fagioli e decisi di fare un salto alla bancarella sotto casa per prenderlo, lasciando borbottare la pentola di terracotta sulla stufa sotto l’occhio attento dei miei due figli.  Eravamo in guerra e ci chiedevamo tutti se e quando sarebbe finita. Ogni giorno era fatto di paura e di perché e io dovevo essere forte, anche se forte non ero. Il mio amato marito se n’era andato, logorato da una brutta polmonite e i miei figli erano tutto ciò che avevo e che dovevo difendere. Tra un sospiro e un pensiero mi chiusi il portone dietro le spalle e mi avviai verso la bancarella di Maria, dove sapevo che avrei trovato il rosmarino migliore. Ricordo che fu un attimo, il rumore assordante delle esplosioni ci travolse tutti in Largo Faraglia e si mescolò a polvere, sangue e grida. Polvere, sangue e grida di persone normali. Proprio come me.



Venerdì 30 Maggio 1944, Mezzogiorno

C’era un sole alto, l’aria era calda e quel giorno un bombardamento aereo da parte di angloamericani spense le vite di persone comuni e ignare di tutto, tra piazza Garibaldi e Largo Faraglia. Tantissimi furono i feriti. Dicono che l’obiettivo fosse  il generale Kesserling che si trovava nel Ristorante Italia a tracciare, con i suoi, le linee per la ritirata tedesca dall’Italia. 

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