Memorie di una liceale attempata

Quando andavo al liceo, camminavo curva sotto il peso del mio Invicta, pieno di libri, quadernoni pinzati tra loro e il vocabolario di latino -se per evidenti motivi logistici non riuscivo ad infilarlo nello zaino -lo portavo in mano. Sembravo Quasimodo, quello di Notre Dame. Il mio abbigliamento era tanto approssimativo quanto fuori moda, non decidevo il giorno prima cosa indossare, ma la mattina mi lasciavo trasportare dall'enfasi del momento e dalle lancette dell'orologio che, si sa, di giorno corrono sempre più veloci. Lungi da me mettere anche un solo filo di trucco sul viso. Bastavano gli occhiali da vista.
Non mi sono ancora abituata alle liceali di oggi. Quando le vedo camminare con quel loro incedere così fiero e convinto, provo una sensazione di smarrimento e mi sento una sfigata, più della liceale che sono stata. Quelle che vedo sono ragazze figlie del nostro tempo. Di zaini strapieni neanche a parlarne, le loro schiene sono dritte e al massimo portano un libro in una mano e la borsa griffata è appoggiata sull'altro braccio, rigorosamente piegato. Il loro abbigliamento è preciso come la nera linea di eyeliner che hanno sugli occhi. Sono ragazze consapevoli della loro bellezza, spesso sono stra-navigate e conoscono bene qual è influenza che hanno sugli uomini, il vero sesso debole su questa terra.


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